Decapitati
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L’Italia dei furbetti, delle escort, dei segreti mai svelati e degli opposti. Questa è un’Italia che non ci rappresenta o che non vorremmo che ci rappresentasse. Giovanni Floris con Decapitati. Perché abbiamo la classe dirigente che non ci meritiamo parte da un semplice dato di fatto: a fare le spese di una classe dirigente che pensa agli affari propri, ai festini, alle ville e a lavorare poco sono gli italiani stessi. Con il monito di De Gasperi che sembra riecheggiare dal profondo del libro, ovvero “nella vita pubblica non importa quello che direte, ma quello che sarete”, il celebre conduttore del programma di Raitre Ballarò si incammina nell’avventuroso e impervio viaggio della Repubblica italiana, analizzando i politici che si sono susseguiti nella nostra storia. Ma non solo. Perché la storia di un Paese si rivela e si dipana da molti aspetti e da quella dualità che caratterizza lo stivale. Sullo stesso piatto infatti Floris mette Marchionne e Agnelli, Totti e Baggio. Mai ci furono dicotomie più opposte. Passato e presente si contrappongono proponendo due modelli diversi. Quale di questi ha portato l’Italia a quella decadenza in cui ci troviamo? Gli italiani si trovano a pagare tasse ottenendo servizi sempre più scadenti perché l’ultimo pensiero della classe politica è proprio il benessere del popolo. In questa analisi cruda dei mali nostrani, Floris si appresta a descrivere i dirigenti politici dal momento dell’ascesa quando “noi” li abbiamo eletti, spiegando perché li abbiamo votati e come hanno fatto ad arrivare ai vertici del potere. Cosa dovrebbe avere invece un leader per governare? Prendendo come esempio il mondo calcistico e un capo come Gigi Riva, Floris enuncia le caratteristiche di chi dovrebbe stare alle redini dell’Italia: senso di abnegazione, sacrificio, immedesimarsi con le ragioni del gruppo, mettendo i propri bisogni dopo quelli della comunità. Peccato che queste caratteristiche siano agli opposti di quelli della nostra classe dirigente. Così non serve il cambio di un uomo, ma di un’intera generazione politica.
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L’Italia dei furbetti, delle escort, dei segreti mai svelati e degli opposti. Questa è un’Italia che non ci rappresenta o che non vorremmo che ci rappresentasse. Giovanni Floris con Decapitati. Perché abbiamo la classe dirigente che non ci meritiamo parte da un semplice dato di fatto: a fare le spese di una classe dirigente che pensa agli affari propri, ai festini, alle ville e a lavorare poco sono gli italiani stessi. Con il monito di De Gasperi che sembra riecheggiare dal profondo del libro, ovvero “nella vita pubblica non importa quello che direte, ma quello che sarete”, il celebre conduttore del programma di Raitre Ballarò si incammina nell’avventuroso e impervio viaggio della Repubblica italiana, analizzando i politici che si sono susseguiti nella nostra storia. Ma non solo. Perché la storia di un Paese si rivela e si dipana da molti aspetti e da quella dualità che caratterizza lo stivale. Sullo stesso piatto infatti Floris mette Marchionne e Agnelli, Totti e Baggio. Mai ci furono dicotomie più opposte. Passato e presente si contrappongono proponendo due modelli diversi. Quale di questi ha portato l’Italia a quella decadenza in cui ci troviamo? Gli italiani si trovano a pagare tasse ottenendo servizi sempre più scadenti perché l’ultimo pensiero della classe politica è proprio il benessere del popolo. In questa analisi cruda dei mali nostrani, Floris si appresta a descrivere i dirigenti politici dal momento dell’ascesa quando “noi” li abbiamo eletti, spiegando perché li abbiamo votati e come hanno fatto ad arrivare ai vertici del potere. Cosa dovrebbe avere invece un leader per governare? Prendendo come esempio il mondo calcistico e un capo come Gigi Riva, Floris enuncia le caratteristiche di chi dovrebbe stare alle redini dell’Italia: senso di abnegazione, sacrificio, immedesimarsi con le ragioni del gruppo, mettendo i propri bisogni dopo quelli della comunità. Peccato che queste caratteristiche siano agli opposti di quelli della nostra classe dirigente. Così non serve il cambio di un uomo, ma di un’intera generazione politica.